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31 Marzo 2007

Anche Parisi si appella a Mussi: resta o muore l’idea di Ulivo

Autore: Maria Teresa Meli
Fonte: Corriere della Sera

ROMA — La scissione dei Ds è annunciata. La Margherita tenta un compromesso tra i suoi leader. Ma che cosa sarà del Partito Democratico che nasce in queste condizioni? È il rovello di Arturo Parisi, che quel nuovo soggetto politico ha profetizzato e sognato. Il ministro della Difesa è preoccupato.

E ormai non lo nasconde più. Arriva in ritardo in Consiglio dei ministri e incrocia Fabio Mussi, il leader del Correntone Ds. Le parole che gli rivolge quasi stupiscono il suo interlocutore: «Capisco che per te il Pd è un nuovo partito al quale hai tutto il diritto di non aderire. Sappi, tuttavia, senza di te non sarebbe quel “partito nuovo” che noi ulivisti sogniamo da tempo. Di tutto abbiamo bisogno tranne che di una forza politica che si immagina come la destra della sinistra».

Parlano a lungo, Parisi e Mussi. E il primo non prova la strada della mozione degli affetti, ma svolge un ragionamento politico: «Io vorrei un partito dell’Ulivo — spiega — non un partito che dell’Ulivo ha solo il simbolo. E allora preferisco confrontarmi con la vostra verità e la vostra passione, anche se di opposizione critica, piuttosto che con la finzione e l’opportunismo dei vertici dei partiti attuali, che con la loro pretesa di avere la leadership di questo futuro soggetto rendono il Pd già vecchio. Ti prego, non lasciateci soli».


Ma non è solo a Mussi che in questo venerdì Parisi si rivolge. Dopo il Consiglio dei ministri parla anche con Prodi ed Enrico Letta. Parisi rimprovera al premier di limitarsi ad amministrare il governo e lo invita a guidare «politicamente» il centrosinistra.


Anche con Letta, che in questo periodo è stato uno dei protagonisti delle beghe interne alla Margherita, Parisi non usa giri di parole. Gli chiede di lasciar perdere i giochini di «corrente». Del resto, qualche giorno prima, Parisi non aveva risparmiato nemmeno Rutelli. Il vicepremier in difficoltà dentro il partito gli aveva detto: «Arturo, tu sei il punto d’equilibrio tra me e i popolari».

Ma Parisi aveva fatto spallucce. E poi aveva spiegato ai suoi: «La Margherita sta seguendo solo vecchie logiche di partito». E siccome, nonostante l’aria grave, il ministro della Difesa è un uomo a cui piace scherzare, risponde spesso con questa battuta a chi gli chiede se andrà al congresso dei Dl: «Al Congresso andrò. E parlerò…anche se non so ancora in quale luogo».

Come a far capire che non è detto che salirà sul palco degli oratori. E il fatto che qualche amico nella Margherita gli faccia notare che «è andata esattamente come dicevi tu, quando temevi che nei Dl si sarebbero svolte solo lotte e compromessi», non lo consola, affatto. Anzi. Parisi continua a chiedersi: «Come si fa a fondare qualcosa di nuovo se non c’è pathos, nè tensione morale?».

Già, come si fa? Glielo hanno chiesto in molti ulivisti in questi giorni. I professori di Orvieto, tanto contestati dai partiti, i referendari e molti altri. Loro vorrebbero organizzare una grande iniziativa prima dei congressi di Ds e Margherita per costringere Quercia e Dl a non fare del Pd una fusione di classi dirigenti. «Io non potrò esserci — ha spiegato Parisi ai suoi interlocutori — ma voi fate quel che sentite, fate qualsiasi cosa sia utile a evitare che il Pd si rinchiuda in un recinto burocratico e partitocratico».


Al Botteghino, però, dove Fassino è sempre molto attento a ciò che accade, stanno preparando le contromosse. Il segretario immagina già che il comitato dei saggi che nascerà con l’avvio della costituente del Pd, non sia nominato da Ds e Margherita ma venga votato da militanti e simpatizzanti. Un milione di persone che dicono sì al nuovo Pd: è questa l’arma che Fassino intende opporre a Parisi e ai tanti ulivisti scontenti.