9 Settembre 2005
Dietrologie su Bankitalia
Autore: Pierluigi Battista
Fonte: Corriere della Sera
E’ merito del direttore dell’Osservatore Romano aver separato la difesa del Governatore di Bankitalia Antonio Fazio da argomentazioni improprie e mescolanze spurie: «qui religione e fede – ha commentato Mario Agnes – non c’entrano nulla». Sembra un’ovvietà, ma non lo è.
Al contrario: è un atto di coraggio e una manifestazione di onestà intellettuale, specialmente se espressi da una personalità di spicco negli ambienti vaticani. Così come si rivela coraggioso il cattolico Francesco Cossiga, il quale non si è certo risparmiato nella polemica feroce nei confronti dei detrattori di Fazio ma ha esortato i cattolici a non dare «la sensazione di ritenere anch’essi che sia in corso un “complotto laicista-massonico”» e a non confondere la fede e la religione con i «giudizi sulle vicende, del tutto secolari, della Banca d’Italia».
Appunto, non si capisce davvero perché si debbano mischiare lo Spirito Santo e le «secolari» vicissitudini delle banche, il giudizio sul comportamento «laico» di chi occupa un ruolo rilevantissimo nell’establishment finanziario e gli articoli di fede, ciò che attiene alla sfera dell’economia e ciò che invece riguarda la dottrina.
Eppure, a partire da una presa di posizione di Giulio Andreotti in cui si svelavano gli estremi di una torbida macchinazione laicista ai danni di un fervente cattolico come Antonio Fazio, la battaglia durissima sul destino del Governatore della Banca d’Italia si è ripetutamente ammantata di argomentazioni ricavate dal lessico e dalle liturgie della fede, come se attorno ai destini di Palazzo Koch fosse inopinatamente esplosa una cruenta guerra di religione.
Ultimo, intervistato dal quotidiano della Cei Avvenire , il vicepresidente di Unicredito Fabrizio Palenzona, secondo cui sarebbe prepotentemente affiorato in queste settimane un «atteggiamento di ostilità ideologica nei confronti della finanza cattolica».
Malgrado il richiamo di Agnes, lo schema dello scontro tra laici e cattolici viene applicato nel cuore di una controversia i cui misteri riguardano piuttosto le dinamiche terrene di una complicatissima Opa che non il celestiale enigma della Santissima Trinità.
Nell’insistenza sulla denuncia della congiura «anticattolica» risuona forse la familiarità con una partizione consueta della storiografia economica dell’Italia repubblicana («finanza laica» contro «finanza cattolica») e forse persino un paradigma cospirazionista risalente nientemeno che alla Rivoluzione francese (l’invettiva contro il «grembiulame», del resto, si è letta proprio in questi giorni sul Foglio ).
Ma l’associazione psicologico-politica con qualcosa di losco e di eccessivo nelle polemiche su Fazio trapela anche dalla degradazione della richiesta di dimissioni del Governatore a un’indegna «canea» pronunciata (e poi solo parzialmente rettificata) da un esponente autorevole dei Ds come Pierluigi Bersani.
In che senso, «canea» E se prima ancora delle tormentate mosse del governo, a perorare la causa del passo indietro di Fazio sono stati Prodi e Rutelli, Fassino ed Epifani, Amato e Chiti, forse Bersani ha voluto accusare lo schieramento in cui milita di avere partecipato a una sordida «canea» Certamente no. E forse si tratta solo di un banale infortunio linguistico. Peraltro non raro quando si cede alla facile tentazione di evocare complotti. Magari con lo zampino del diavolo.