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8 Maggio 2007

Rutelli: “La sinistra da sola non vince. Il nostro Pd è la strada giusta”

Autore: Gianluca Luzi
Fonte: La Repubblica

Il voto francese ha risolto il nodo del Pse

Roma – Al vicepremier Francesco Rutelli, leader della Margherita, le elezioni francesi consegnano la conferma di due convinzioni: che la sinistra senza i moderati non allarga i suoi consensi e quindi non vince; e che la questione se il Partito democratico debba entrare o no nella famiglia del Partito socialista europeo non si pone più. La strada è quella di una alleanza con i socialisti ma non dentro il socialismo: il Partito democratico «diventerà un´alleanza strategica in Europa».

Presidente Rutelli, Prodi quando si è congratulato con il vincitore ha detto che Sarkozy è «un amico». Lo è anche per lei?
«Quando l´ho incontrato a Parigi, alcuni anni fa, dissi: “E´ un uomo che fa cose intelligenti”. E´ un uomo del centrodestra e saremo su fronti ben diversi. Ma spero che abbia coraggio nello svecchiare la politica francese e i suoi paradigmi più logori. A destra come a sinistra».

Dica la verità, a un certo punto, quando i sondaggi lo davano in crescita, ha sperato che al ballottaggio andasse il suo amico Bayrou invece di Ségolène Royal?
«Certo che sì. C´era il 10 per cento di possibilità, non di più. Ma sarebbe stata una rivoluzione. Comunque la sua sfida continua, e avrà subito il banco di prova delle elezioni legislative, non meno difficili. Peraltro, tutti noi ci siamo dichiarati a sostegno di Ségolène, e le va dato atto di aver fatto la migliore campagna possibile nelle condizioni date».

Perché la sinistra ha perso? Solo perché la Royal non è riuscita a conquistare i voti dei moderati?
«Ha perso perché non ha più la maggioranza dei consensi. E non ce l´ha più in tutta l´Europa: nel Parlamento europeo, i socialisti sono al 28 per cento. E tutte le sinistre in Francia si sono fermate, al primo turno, al 35 per cento. Vogliamo dire che il dibattito che ci ha incalzati per settimane, sull´adesione del Partito Democratico al Pse,  è stato risolto proprio con il voto francese? Vogliamo dire che l´intuizione dell´Ulivo di oltre dieci anni fa, che fu schernita in mezza Europa e considerata la ricerca in chiave difensiva di una soluzione bizzarra per costruire una maggioranza in Italia, oggi si dimostra vincente? Ovvero: l´alleanza tra la sinistra democratica e gli altri riformismi; cattolico democratico, liberale, ambientalista. Oggi in Italia questo diventa un partito, il Partito democratico. Ho fiducia che diventerà in tempi non lunghi un´alleanza strategica in Europa. E, a livello internazionale, saremo più forti nell´incontro con i Democratici americani e gli altri grandi partiti progressisti e riformisti non di sinistra. E, ovviamente, anche con l´Internazionale socialista».

Ma non sarà che ha perso perché la destra riesce a fare promesse più convincenti rispetto ai problemi delle società impaurite da crisi economiche, immigrazione e terrorismo?
«Anche, certo. Questa è del resto la difficoltà del nostro riformismo: ci vuole coraggio nelle riforme, ma senza che questo coraggio sia elitario, estraneo alle preoccupazioni, e anche alle paure popolari. Le destre scelgono il populismo, promettono rifugi contro la globalizzazione e l´insicurezza, ma in genere falliscono. In questo senso non va trascurata la nuova generazione di conservatori – come David Cameron a Londra e Nicolas Sarkozy – che appare più “sociale” ma non statalista, e più orientata sui temi dell´ambiente e del clima».

Dopo la sconfitta il socialista Strauss-Kahn ha detto che «la sinistra francese non è mai stata così debole perché non si è rinnovata». Anche loro dovrebbero a questo punto imboccare la strada del Partito democratico coinvolgendo Bayrou?
«Non tocca a noi dare lezioni, ma l´esempio italiano stavolta potrebbe essere trainante. Non è un mistero che se Bayrou avesse vinto avrebbe probabilmente affidato proprio a Strauss-Kahn l´incarico di primo ministro: una scelta chiara di centro-sinistra. Quello che purtroppo il Ps non si è sentito di fare prima del primo turno. Tuttavia, è importante che una metà dei voti di Bayrou siano andati alla Royal: impensabile fino a due mesi fa. Non si dimentichi che il suo partito era fino ad appena due anni fa nella maggioranza di centrodestra. Ha iniziato il cammino che portò dodici anni fa i Popolari in Italia dalla contrapposizione alla collaborazione con le sinistre».

Il vostro, di Partito democratico, sta per venire alla luce. Fassino e Prodi propongono il 16 ottobre – anniversario delle primarie – come data di nascita. Magari il 14 visto che il 16 è un martedì. Lei vorrebbe anticipare a prima dell´estate. Come vi metterete d´accordo?
«Guardi che abbiamo già deciso, con il voto dei nostri congressi, che la costituente del Pd debba essere eletta dai nostri sostenitori ad ottobre. Quello che io propongo, semmai, è di accelerare: se lei interpella i nostri elettori, sono convinti che il Partito Democratico sia già nato. E le pare che 45 giorni per organizzare la grande votazione simile a quella delle primarie 2005 siano pochi? Noi ci vogliamo arrivare con spazi certi ed aperti per i non iscritti ai partiti, e con decisioni forti e tempestive. Per carità, alla fine decideremo con il consenso tra tutti. Ma sono convinto che accelerare ci darebbe una marcia in più».

Lei è d´accordo con D´Alema che ci vuole un coordinatore per costruire il partito e che non può essere Prodi che ha già il suo impegno gravoso come presidente del consiglio?
«Ecco il tipo di decisioni su cui non ho rilasciato e non rilascerò dichiarazioni. Ne dobbiamo discutere insieme, concordare insieme, proporre insieme. Ho le mie idee ma non le metto sui giornali, mi scusi».

Leadership del Partito Democratico. Lei si presenterà alle primarie?
«Parlarne oggi sarebbe ridicolo, non solo avventato: le competition per la leadership debbono nascere una volta che le regole sono definite e al momento giusto. Altrimenti, fa solo danno leggere di dozzine di aspiranti quando neppure si sa quando e come si voterà. Sarà bene comunque avere una competizione vera, di idee e propositi, non solo di volti. E ci saranno, e sarà positivo, parecchi candidati».

Lei è ancora convinto che si debba togliere l´Ici sulla prima casa con i soldi del “tesoretto”?
«Mi faccia spiegare bene la mia posizione. O, meglio, quella che tutti avevamo capito fosse la posizione del governo espressa dal premier in Parlamento. Si devono fare provvedimenti sociali – oltre a quelli da concordare nei tavoli con sindacati e imprese – che non aumentino la spesa pubblica e riducano la pressione fiscale. Cosa meglio della casa, del trasferimento ai Comuni di gettito erariale sulla casa, mentre si abbatte l´Ici sulle prime abitazioni? Qualcuno pensa che l´82 per cento di famiglie italiane che posseggono la casa siano ricche. Santo cielo, ci può essere una visione più arcaica della società italiana? Soprattutto, io penso che noi non dobbiamo disperdere le risorse disponibili in un confuso rumore di fondo, in 100 provvedimenti. Ma scegliere precise priorità. O la possibilità di recuperare consensi su politiche coerenti ci infastidisce?».

Prodi non è d´accordo sull´Ici, e il punto dodici del dodecalogo che avete sottoscritto solennemente dice che in caso di disaccordo decide il premier. E´ ancora valido quell´impegno?
«Io sono in accordo con il Prodi di un mese fa, e in disaccordo con l´idea che ha presentato due giorni fa: che la priorità sia la riforma del catasto. Non mi pare convincente».