Arturo Parisi, ideologo dell’Ulivo ed ex ministro della difesa. Che ne sarà del Pd dopo questa batosta?
“Quanto alle vicende interne al Pd vedo la situazione mutare di ora in ora. Non son passati neppure tre giorni da quando Renzi, riconoscendo l’impossibilità di restare, aveva ipotizzato che il nuovo segretario dovesse essere eletto attraverso primarie indette in modo urgente”.
Dati i tempi stretti, si parla di un segretario eletto dall’assemblea nazionale. Non è una buona soluzione?
“Mi sembra un film già visto. La conferenza stampa in cui Walter Veltroni, nel febbraio 2009, dopo la sconfitta sarda passò anche lui la mano, auspicando che non fosse fatto ad altri quel che era stato fatto a lui. Ed anche allora rinviando all’assemblea l’investitura formale del nuovo segretario concordato all’interno del gruppo dirigente, Dario Franceschini”.
Il vice-segretario.
“Se non fosse stato per Parisi, il rompiballe, che si candidò con l’illusione di imporre un confronto e una scelta reale, il tutto si sarebbe risolto in un semplice rito con applauso finale. La votazione l’ottenni, e pure segreta. Ma nonostante l’enormità dei fatti, il primo segretario che va a casa sbattendo la porta dopo poco più di un anno, di discussione sul perché neppure l’ombra. Me li ricordo tutti – da D’Alema a Rutelli, i fondatori del partito, che in prima fila mi guardavano silenti come si guarda un marziano. Mentre Veltroni, invece di venire a spiegare e difendere le sue ragioni nella sede più alta del Partito, veniva raccontato ostentatamente a passeggio a Villa Borghese…”.
Come Renzi a sciare. Insomma, i caminetti sono tornati sulla scena?
“È l’esito che sembra intravedersi e, aggiungo, che temo: passare immediatamente lo scettro a un approdo unitario, con la giustificazione che il partito non può reggere altre divisioni e ha bisogno di unità”.
Non è così?
“Non senza prima discutere di cosa è capitato, delle ragioni, dello sconquasso. E per ora non vedo soddisfacenti letture a confronto sul passato, e proposte corrispondenti per il futuro. È per questo che speravo nel congresso vero al quale Renzi sembrava aver alluso”.
Perché dovrebbe? Nemmeno intende ricandidarsi.
“Ho idea che non potrebbe farlo, essendo stato eletto già due volte. Ma il confronto è indispensabile”.
L’obiezione più facile è che non ci sono i tempi, dato che l’Italia ha bisogno di un governo.
“Scusi, che c’entra? Il Pd ragiona come se fosse ancora il cuore degli eventi, che non possono aspettare i nostri tempi. Ma essi purtroppo si svolgono ormai in gran parte a prescindere da noi: alle domande noi dobbiamo dare risposta, non siamo più quelli che le fanno. Spero solo che le domande non ci arrivino mentre ci stiamo ancora mettendo i calzini oppure le scarpe… In Germania c’era interesse e alla Spd è stato dato tempo di rispondere. Vedremo se in Italia, vogliono invece approfittare dei nostri piedi scalzi”.
Quindi, lei condivide la linea del Pd all’opposizione?
“Lei vede delle proposte? Di Maio ha detto: siamo il pilastro del sistema e chi vuole è con noi che dovrà fare i conti. È come dire: la mia casa è qua, chi vuol venire a cena non ha che da bussare. Ma di inviti espliciti e personali non ne vedo alcuni. La verità è che al Pd servirà tempo per metabolizzare che non è più né il primo né il secondo polo”.
Sinceramente, lei si aspettava questi numeri?
“Nessuno se li aspettava. Ma la vera notizia non è la crescita di M5S né il calo del Pd, già in conto pur con cifre diverse. E’ il mutamento dei rapporti di forza nel centrodestra e di tutto quello che da questo consegue. A questo punto è dell’insieme del quadro politico che dobbiamo parlare. Non del centrosinistra che non esiste più né dell’Ulivo da cui tutto è rinato ma che appartiene ormai ad un altra stagione”.
Il dato è che comanda la cultura grillino-leghista?
“E se fosse nato un nuovo bipolarismo? E’ una domanda completamente nuova da porsi. Chi arrivasse ora collocherebbe il Pd dove sta: quasi terzo partito, altro che primo gruppo parlamentare”.
Tutta colpa di Renzi?
“Diciamo che ha dato un contributo importante: col suo fare e i suoi toni ha accecato un intero partito e non solo. Se mentre guida le entra un moscerino nell’occhio, per quanto piccolo, può farle perdere il controllo. Il problema è che sono troppi quelli che si sono fatti accecare da Renzi: chi l’ha fissato come un sole nascente, senza gli occhiali scuri, e chi l’ha invece temuto come fosse un incendio. Accecati: privi del lume della ragione si è persa di vista la strada e il controllo del mezzo. Continuiamo a discutere di lui: ma i grillini, Salvini e la crisi di Berlusconi non è stato Renzi a crearli. Chi ci ha sconfitto gli preesisteva, e chi lo ha avversato ha perso non meno di lui”.
L’Italia avrà un governo o si tornerà al voto?
“Mi sembra difficile che Lega e M5S possano trovare un accordo per governare insieme. Al massimo potranno cambiare la legge elettorale e imporre il calendario delle urne: i numeri parlamentari per farlo li hanno. Per il resto non credo: puntano entrambi a guidare il Paese, spinto ognuno dalla propria pulsione, che riserva per gli altri soltanto ruoli subalterni”.
L’Ulivo appartiene a un’altra stagione: detto da lei, fa una certa impressione.
“Sì quella fase è ormai alle nostre spalle: ma nelle nostre case di quell’olio c’è ne è ancora tanto. Quello che non riesco ad accettare è che ci si possa ridurre a reduci prigionieri di qualche residua reliquia. Non basta la lezione di D’Alema che ha impiegato trent’anni a riconoscere quello che altri hanno capito in tre giorni? E D’Alema è D’Alema. Lo dico con rispetto verso di lui e soprattutto verso quelli che ha portato al disastro nel ricordo di un grande sogno passato”