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1 Ottobre 2004

Scalfaro “chiama” Ciampi: distruggono la Costituzione

Autore: Vittorio Ragone
Fonte: la Repubblica

Presidente Scalfaro, contro la riforma costituzionale che si sta votando alla Camera il centrosinistra spara a zero. Perché?

«La mia personale opinione è che nella nostra Costituzione ci sono dei punti focali che o rimangono su un piano di ortodossia assoluta oppure non sono accettabili».


Vediamo “quali” punti. È chiaro che per lei, parlamentarista ultraconvinto, la figura del premier pigliatutto è difficile da digerire.

«La nostra Costituzione ha messo al mondo e sottolinea la nascita e la vita di una Repubblica democratica parlamentare. Il Parlamento è al vertice. Se democrazia è governo di popolo, un popolo che si esprime in modo saggio, equilibrato e giuridicamente valido, non nella piazza, allora il vertice è dei rappresentanti del popolo. Nella riforma in discussione – che spero ancora si possa profondamente cambiare, perché mi pare impossibile che persone consapevoli ignorino la quasi certezza che un referendum butterà all´aria tutto il lavoro fatto – il Parlamento viene pesantemente mortificato, anzitutto nel rapporto con l´esecutivo. Oggi il Governo nasce dal voto di fiducia e va a casa col voto di sfiducia del Parlamento. Nella prima edizione di questa riforma, il voto di fiducia scompare; c´è un premier indicato dalle elezioni che nomina i ministri e presenta il suo programma, ma non è obbligato a chiedere la fiducia. E il Parlamento non ha il potere di darla, finendo in una inaccettabile posizione di inferiorità rispetto al Governo».


L´eccesso di parlamentarismo esiste. E sulla necessità di dare efficacia all´azione di chi governa dovreste essere tutti d´accordo.

«Io non sono per nulla contrario a rafforzare l´esecutivo. Ma non massacrando il Parlamento, perché questo è assolutamente intollerabile. Nelle versioni successive presentate dalla Cdl qualche aggiustamento c´è stato, ma sempre con l´assenza del voto di fiducia obbligatorio e vincolante. É proprio questo che io contesto. Il Parlamento non viene concepito come attore, è solo spettatore. Si è operata poi un´altra aggiunta, questa davvero incredibile: si è stabilito che il presidente del Consiglio presenti il suo programma, e al termine la Camera si esprima su di esso con un voto. Ma la formulazione è volutamente equivoca. Quel voto è di fiducia? Allora c´è un rapporto corretto tra Parlamento e governo. Se invece non è di fiducia, a che servirà? Cosa faranno i parlamentari? Si limiteranno a battere le mani?».


L´altro argomento su cui lei non fa sconti sono i poteri del capo dello Stato, in particolare il potere di scioglimento delle Camere. Con la riforma del Polo, ha detto, il presidente della Repubblica rimane a torso nudo. Che significa?

«Il presidente della Repubblica è garante della Costituzione, ma che garante è se non ha poteri idonei? Nella riforma la possibilità di scioglimento passa al capo dell´esecutivo, e la spada di Damocle sulla testa dei parlamentari si fa gravemente minacciosa. Infatti il capo dello Stato, in quanto garante, può usare di quel potere con seria e grave motivazione. Ma il capo dell´esecutivo acquista la possibilità di mandare tutti a casa quando, per esempio, veda che una sua legge non passa. Questo cambiamento incide sull´articolo primo, seconda parte, della Costituzione, laddove recita che la sovranità appartiene al popolo. Lo svilimento del ruolo del parlamentare incide sul potere del cittadino, ne muta fortemente la partecipazione alla sovranità, perché è chiamato a votare per parlamentari spogliati dei poteri che hanno oggi verso il governo. Spezzare il dialogo Parlamento-governo vuol dire

togliere un punto vitale della democrazia».


Nella proposta della Cdl è pur sempre il capo dello Stato a decretare lo scioglimento.

«Sì, ma su richiesta del primo ministro, che dello scioglimento assume la esclusiva responsabilità. Se si tratta di una richiesta è segno che il destinatario può accoglierla e non accoglierla. Invece no, deve accoglierla: dunque non è una richiesta ma un diktat. Perché allora deve firmare, il capo dello Stato, su una cosa in cui non ha partecipazione alcuna? Qui c´è pesante fariseismo e un atto di equivocità di immensa pesantezza. Tutti gli altri piccoli poteri che vengono attribuiti al capo dello Stato non bastano a riequilibrare questa perdita».


E della devolution votata l´altro giorno che cosa pensa?

«Nell´estate scorsa il segretario dell´Udc Follini ha preso posizione sull´aumento dei poteri delle regioni, chiedendo un di più di equilibrio e di solidarietà e avanzando perplessità anche su altri temi fondamentali. Si vide allora una posizione fortemente diversificata, per quanto quel gruppo avesse votato tutta la riforma al Senato e avesse espresso addirittura il relatore. Ma l´altro giorno illustri esponenti dell´Udc hanno dichiarato che con le modifiche escogitate si può stare tranquilli: non ci saranno divisioni e danni nel Paese, tanto che anche l´opposizione meglio farebbe a votare le riforme. Contemporaneamente, il ministro della Lega competente per le riforme ha dichiarato: “Siamo totalmente soddisfatti perché non si è mutato nulla nella sostanza”. Votano lo stesso testo con impostazioni diametralmente diverse. Noi abbiamo il dovere di denunciare questa estrema ambiguità».


Criticate le pretese di autosufficienza del Polo. Però il centrosinistra fece lo stesso nel 2001, e in finale di legislatura.

«Sì, fu un gravissimo errore. Una monnezza, se mi è consentito il termine. Però la corsa a dire: “La monnezza vogliamo farla anche noi” è grottesca. Capirei se la Cdl proclamasse: “L´Ulivo ha esercitato un diritto, noi esercitiamo lo stesso diritto”. Invece dicono: “L´Ulivo ha sbagliato, vogliamo sbagliare anche noi”. Neanche i ragazzini insipienti fanno un discorso del genere. Devo aggiungere: il centro sinistra ha fatto sì una cosa odiosa, però almeno riprese quasi tutto quel che era maturato nella Bicamerale con il consenso dell´attuale maggioranza».


Berlusconi ora offre il dialogo. Nella scorsa legislatura ci si provò con la Bicamerale. In queste settimane molte voci nel centrosinistra dicono: stiamo cambiando la loro riforma, evitiamo scontri ideologici. Si può fare?

«Già nella scorsa legislatura l´Ulivo sbagliò totalmente la valutazione del dialogo. E fu un errore mettere nel cassetto il conflitto di interesse confidando che si aprisse così qualche maggiore possibilità di collaborazione nella Bicamerale. Dialogare si può e si deve, sempre. Ma se io dialogo con lei e pretendo: “I punti miei sono questi, e non c´è niente da fare”, che dialogo è?».


Il presidente Ciampi alla fine dovrà firmare la riforma. Può essere un primo filtro.

«Anzitutto si tratta non di una semplice legge ma di una riforma della Costituzione. Mi pare indispensabile affrontare intensamente il tema dell´ampiezza dell´applicazione dell´articolo 138, che prevede la procedura per le modifiche costituzionali. Consente questo articolo, per come è stato pensato, scritto e votato, che si prenda una Carta costituzionale e la si capovolga e stravolga totalmente?».


Se lei fosse al Quirinale firmerebbe?

«Io una cosa so: che non potrò mai accettare che si distrugga una Costituzione che ho votato con grande convinzione e ha garantito libertà, giustizia e pace al popolo italiano per oltre 50 anni».