Invece, in via Altabella, il vicario episcopale si è dimostrato molto più malleabile del suo parroco. «A malincuore», lo giustifica don Carboni, «per evitare che ne facessero le spese gli invitati, visto che ormai era tardi per rinviare», il viceBiffi ha concesso una deroga al divieto episcopale e ha autorizzato il comizio in parrocchia.
Ma a questo punto sono insorti i parrocchiani. Un gruppo dei quali, indignati, ha scritto un volantino di protesta e l’ha affisso ai muri della canonica: «È sorprendente la totale dimenticanza di ogni riferimento per consentire l’individuazione della vera natura dell’incontro. Riteniamo che tali atteggiamenti abbiano precostituito una situazione di fatto coercitiva». Confortato dal loro appoggio, don Carboni allora ha chiesto agli organizzatori di consentire almeno che il volantino dei parrocchiani venisse letto in apertura dello pseudodibattito, per chiarire l’estraneità della parrocchia all’iniziativa. Niente da fare: una volta ottenuto il locale, gli organizzatori hanno ignorato le regole dell’ospitalità, sostenendo che «non è giusto coinvolgere l’ignara assemblea nella diatriba tra parrocchiani e organizzatori».
Parrocchiani scornati. E politici dell’altro versante infuriati: «Anch’io avevo chiesto anch’io di riportare il dibattito politico nelle parrocchie», s’indigna Andrea De Pasquale, consigliere di quartiere dell’Asinello, «ma la Curia mi rispose che c’è un divieto dei vescovi. Mi sorge il dubbio che si ottenga una risposta diversa a seconda della provenienza della richiesta».