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18 Luglio 2005

La politica e la sfida della legalità

Autore: Giunio Luzzato
Fonte: l'Unità

Sono cantierate, utilmente varie fabbriche nelle quali si elabora il programma su cui il Centrosinistra chiederà il consenso agli elettori. Premesso che sarebbe ancora più utile se la fabbrica fosse una sola, voglio qui richiamare l’attenzione su un Appello che Libertà e Giustizia ha rivolto in questi giorni ai responsabili dell’Unione; esso chiede che il programma si qualifichi non solo per gli specifici contenuti, ma anche per un preciso riferimento a valori di fondo, primo tra questi “la rigorosa difesa della legalità, come fondamento del legame tra etica e politica”. Il richiamo potrebbe apparire superfluo, in quanto in un intervento pienamente confivisibile riprodotto su l’Unità del 29 giugno, omano Prodi ha recentemente affermato che “L’etica deve tornare a essere una categoria centrale del nostro vivere in società. Dell’economia così come della politica”. Ma vi sono anche segnali che vanno in altre direzioni, e ciò detemina forti preoccupazioni. Vi è infatti, anche da sinistra, uno sconcertante silenzio (“assordante silenzio”, si usa dire oggi) intorno ai tentativi di far dimenticare agli Italiani la cancellazione della legalità, cioè la corruzione sistematica nella quale è affondato, tra gli anni ’80 e l’inizio dei ’90, il sistema politico talora impropriamente richiamato come “Prima Repubblica”, più precisamente sintetizzato nella sigla CAF (Craxi – Andreotti – Forlani). Scarse sono state le reazioni all’approvazione, da parte del Sindaco di Milano Albertini, di una autentica provocazione: l’affissione, sull’edificio in piazza Duomo nel quale confluivano le tangenti, di una “targa a Craxi” celebrativa del personaggio che le raccoglieva. Favorito dal silenzio, qualche responsabile dello sfascio istituzionale – ed economico – di allora, ha già aderito all’Unione; altri, e si tratta di alcuni tra i massimi protagonisti, stanno “trattando” sulle modalità di ingresso. Nulla vi sarebbe da obiettare se essi riconoscessero i propri torti e si tenessero umilmente in disparte; vogliono invece riciclarsi, senza rinnegare nulla e addirittura tentando di rioccupare posizioni di potere. In vari casi, si tratta di individui condannati, talora pluricondannati, con sentenze definitive confermate in tutti i gradi di giudizio. Qualcuno giustifica gli inciuci affermando che la priorità è vincere, sicché bisogna turarsi il naso e acquisire chiunque nei propri ranghi: ragionamento non solo squallidamente opportunistico, ma anche politicamente sbagliato. (In queste situazioni un politico francese, un po’ cinicamente, soleva dire: “C’est plus qu’un crime, c’est un faut”). Sbagliato anzitutto perché non si tratta di scegliere il male minore tra i residuati politici di un tempo passato e il Berlusconi di oggi: c’è piena continuità, la Fininvest gestisce quanto i decreti legge salva-tv le hanno legittimamente regalato, la guerra ai giudici e il dissesto del bilancio pubblico sono identici. Sbagliato, inoltre, perché si sottovaluta il pericolo maggiore che corriamo: l’elettorato non apprezza certo l’attuale leader, l’attuale maggioranza, gli attuali governanti, ma c’è il rischio che una rilevante parte di esso adotti un atteggiamento qualunquistico del tipo “voi politici siete tutti uguali”. Bene ha fatto il segretario Ds Fassino a lanciare un forte segnale di allarme; e non basta rispondere che in molte situazioni regionali gli sperperi sono iniziati per colpa di altri, perché il pericolo maggiore è appunto l’indistinguibilità sul piano del costume. Sono queste le preoccupazioni che motivano l’Appello di cui parliamo (e che può essere firmato qui). per rispondere positivamente all’Appello stesso i responsabili dell’Unione non devono limitarsi a dire a parole che esiste un legame tra etica e politica, ma devono dimostrare nei fatti che tra noi può avere spazio per ruoli pubblici solo chi ha la fedina penale pulita, non ha scheletri nell’armadio, non mescola politica e affari: solo chi, in sintesi, concepisce l’attività pubblica come servizio civile e si comporta di conseguenza.