24 Febbraio 2006
Le nove sfide programmatiche della Margherita
INTRODUZIONE
La Margherita ha partecipato alla costruzione del programma comune per il governo dell’Unione con un lungo lavoro di elaborazione che ha coinvolto per mesi centinaia di dirigenti e iscritti del nostro partito. Le nostre proposte, in particolare quelle dibattute nei Big Talk di Torino e Milano e nelle Commissioni tematiche preparatorie al programma dell’Unione, hanno fornito all’Alleanza un gran numero di idee innovative, spesso anticipatrici.
Il confronto con gli altri partiti dell’Unione ha permesso di arrivare a un testo finale “Per il bene dell’Italia” che noi giudichiamo positivamente: è un buon programma, un buon punto di equilibrio di una coalizione ampia.
Non sono mancate mediazioni e compromessi difficili, come è inevitabile in documenti di questa portata, concordati fra partiti di sensibilità diverse. Ma abbiamo trovato una equilibrata base di convergenza ed è questa che va valorizzata: si tratta della base programmatica comune che consentirà all’Unione guidata da Romano Prodi di orientarsi concretamente nell’attività di governo e parlamentare dei prossimi cinque anni.
Proprio perché vogliamo respingere la grave distorsione della legge proporzionale, fatta apposta per moltiplicare le divergenze, siamo impegnati a consolidare questo impegno unitario.
Ma non accettiamo forzature interpretative ed esternazioni, come quelle registratesi ancora nei giorni scorsi, che distolgono l’attenzione dai molti elementi positivi che meritano di essere valorizzati e che possono disorientare gli elettori.
Non accetteremo, e abbiamo respinto nell’accordo di programma, gli attacchi alla parità scolastica, perché vogliamo un pieno riconoscimento della libertà di insegnamento.
In una democrazia matura è un diritto dei genitori scegliere il progetto educativo dei propri figli, con il solo vincolo che siano rispettati gli indirizzi generali e gli standard di garanzia dettati dallo Stato. Vogliamo un forte impegno per una scuola pubblica che valorizzi la responsabilità delle famiglie come degli insegnanti e che sia all’altezza delle crescenti esigenze della società della conoscenza. Questo richiede una riqualificazione della spesa all’interno del sistema secondo rigorose priorità, un rafforzamento dell’autonomia scolastica, ma anche una modernizzazione dell’organizzazione e delle strutture; politiche innovative di gestione, in particolare nei confronti dei docenti, che ne valorizzino le professionalità e i meriti, anche con una seria valutazione dei risultati.
Riteniamo forzate le interpretazioni avanzate da componenti della sinistra radicale sul programma dell’alta velocità. I progetti della TAV, compreso quello relativo al corridoio 5 e alla Val di Susa sono stati votati dalla Commissione Europea presieduta da Romano Prodi, approvati dalle istituzioni locali (nel caso della Val di Susa, la Regione, la Provincia e il Comune di Torino); e sono confermati da una lettura non distorta del programma appena concordato.
Le priorità in tema di infrastrutture sono quelle definite a suo tempo, nel 2000, dal Piano Generale dei Trasporti, fra cui rientrano in primo luogo le Reti europee dei trasporti e l’alta velocità. La tratta Lione-Torino è un punto chiave di questo sistema. Si terrà conto nel modo migliore della preoccupazione delle popolazioni locali, per ridurre al minimo l’impatto ambientale dei lavori. Ma sarebbe irresponsabile sconfessare un’opera da cui dipende la competitività del sistema trasportistico italiano, rispetto a quelli a nord delle Alpi.
Questa è anche la nostra impostazione generale in materia di infrastrutture: discuterle in un dialogo paziente con tutte le rappresentanze dei territori, valutare a fondo le compatibilità ambientali, ma poi attuare quelle opere che corrispondono meglio alle esigenze di sviluppo del paese e delle varie aree (per questo abbiamo sostenuto sia le grandi reti trasversali al Nord Italia sia quelle del Mezzogiorno, gravemente trascurate da questo governo).
Analogamente è equilibrata la soluzione raggiunta nel programma sulla regolazione delle unioni di fatto. L’aspetto qualificante sostenuto dalla Margherita è che nel testo non vengono istituzionalizzate nuove forme di relazione, bensì si riconoscono significativi diritti alle persone che fanno parte di queste unioni, senza che siano dirimenti il genere dei conviventi od il loro orientamento sessuale, mentre è qualificante il sistema di relazioni sentimentali, assistenziali e di solidarietà tra le persone interessate.
Un’altra tematica di grande delicatezza sulla quale la Margherita – DL ha espresso posizioni chiare, che intendiamo ribadire, anche in questa sede, riguarda l’impegno della politica europea e il quadro internazionale.
Noi riaffermiamo la necessità che l’Italia riprenda un ruolo attivo, alla testa del processo di integrazione europea, dopo gli ultimi anni di agnosticismo europeo del governo di centro destra. L’Italia deve animare il nucleo integrazionista dei paesi fondatori per completare il processo di riforma delle istituzioni e soprattutto perché l’integrazione sia fondata su una ripresa della crescita economica europea, che deve avvenire a partire dall’Eurogruppo. Per crescere nel mondo come attore incisivo, credibile ed affidabile della politica internazionale l’Europa deve dotarsi di una politica di difesa e sicurezza comune e di una attiva politica di vicinato, utilizzando se necessario adeguate cooperazioni rafforzate.
Riteniamo che l’Europa debba recuperare un rapporto equilibrato con l’America: l’alleanza fondamentale non può essere conflittuale ma neanche incondizionata; è interesse comune rafforzare le relazioni transatlantiche in coerenza con la comunanza di interessi e di valori comuni, e con l’idea che un sistema internazionale e di sicurezza efficace passi, anche nel XXI secolo, per l’asse tra l’Europa e l’America. L’Italia deve tornare a scommettere, all’interno del contesto europeo e nella partnership con gli Stati Uniti, in un rinnovato sistema multilaterale, basato sulle Nazioni Unite e sulle istituzioni settoriali, ingaggiando stabilmente in questo sistema gli attori emergenti extra-europei. Il multilateralismo globale si deve fondare sull’Onu, sulla Corte Internazionale di Giustizia, sulle organizzazioni regionali. L’Italia si batterà per una riforma del Consiglio di Sicurezza che consegua maggiore trasparenza, efficacia e rappresentatività, favorendo tutti i passi politici e giuridici che conducano all’obiettivo strategico di un seggio europeo. Ed in questo senso è importante la proposta della Margherita perché nel 2007 il seggio italiano nel Consiglio di sicurezza sia condiviso con l’Unione Europea e con l’Alto Rappresentante della PESC.
All’interno dell’intesa comune raggiunta la Margherita-DL ritiene importante sottolineare alcune proprie priorità programmatiche. Sono quelle che abbiamo fatto emergere nei nostri dibattiti degli scorsi mesi, largamente discusse e concordate con i DS, e del tutto in linea con il discorso di Prodi all’Eliseo.
Queste linee prioritarie rispondono al profilo innovatore che noi vogliamo promuovere nella campagna elettorale; ed allo stesso tempo devono essere il baricentro riformista della futura azione di governo. Le indichiamo in forma schematica, mentre sono ampiamente motivate nei documenti allegati, elaborati dalle diverse commissioni tematiche che hanno contribuito a predisporre il Programma dell’Unione.
1. Ritornare a crescere
La nostra priorità assoluta, che abbiamo sempre sottolineato, è la ripresa dello sviluppo: per vincere il declino dell’economia e per ridare prospettive di benessere agli italiani, dopo gli anni di impoverimento provocati dal centrodestra. La politica economica del governo si è dimostrata fallimentare e ingiusta, non ha portato né sviluppo né risanamento. Noi vogliamo cambiare registro, rilanciare uno sviluppo che serva all’economia e al benessere delle persone.
Vogliamo uno sviluppo che concili solidarietà e crescita economica, aumento della competitività e rispetto dell’ambiente: tutti valori disattesi in questi anni di malgoverno. Vogliamo uno sviluppo equilibrato che incroci le risorse dei territori con le potenzialità dei settori produttivi, che valorizzi le dinamiche industriali insieme con quelle territoriali.
Ciò vale in particolare per il Mezzogiorno, che deve diventare un motore per la crescita economica di tutto il Paese. Questo significa valorizzarne le filiere produttive, sia tradizionali sia di frontiera, in particolare in collegamento con lo sviluppo dei paesi mediterranei, usando gli strumenti indicati nelle nostre proposte: dalla fiscalità di vantaggio da rinegoziare in sede comunitaria, a una infrastrutturazione essenziale del territorio che valorizzi i collegamenti sia con il Nord sia con il Sud Est.
Per rilanciare lo sviluppo non bastano piccoli aggiustamenti, occorrono riforme radicali, un cambio di priorità economico-sociali, con scelte coraggiose di lungo periodo (l’orizzonte di 10 anni indicato dalla Margherita a Frascati).
Occorre mobilitare tutte le risorse del paese, a cominciare da quelle umane. Se è vero che lo sviluppo crea lavoro, è vero anche che il lavoro delle persone è un motore essenziale dello sviluppo. Per questo vogliamo più occupazione e di migliore qualità: un lavoro precario mortifica le persone e non serve a un vero sviluppo. Bisogna promuovere le energie del paese ora sottoutilizzate, a cominciare dai giovani, dalle donne e ora anche degli anziani. Valorizzare le grandi risorse delle donne, di creatività, di equilibrio e sempre più di istruzione, non è un problema delle donne ma una priorità per il paese. Ed è anche una nostra priorità.
Occorre liberare le energie e i talenti d’Italia dagli ostacoli che li frenano (burocrazie eccessive, limiti alla concorrenza in settori protetti, freni alla crescita di iniziative economiche, specie dei giovani ecc.).
Noi proponiamo più concorrenza e più liberalizzazioni per contrastare le rendite monopolistiche e corporative, per migliorare qualità e prezzi specie nei servizi, per promuovere nuovi investimenti e nuove iniziative.
Bisogna aprire le professioni che hanno troppe barriere all’ingresso specie per i giovani, superare le tariffe minime, permettere ai professionisti di competere, anche utilizzando la pubblicità, mantenendo agli ordini la funzione di formazione, di standard di qualità e di valorizzazione dell’etica professionale come ha indicato l’Antitrust.
Ci vuole più concorrenza nel settore delle assicurazioni e dei servizi bancari, che accollano ai cittadini e alle imprese costi fuori dagli standard europei. Ci vuole più concorrenza nel mercato delle costruzioni, distorto troppo spesso dall’intervento di società miste con azionariato pubblico; più concorrenza nel mercato elettrico e dell’energia.
L’attuale emergenza energia dipende dalla politica sbagliata del governo, che ha trascurato di dare impulso a nuove reti e fonti di approvigionamento e di completare la liberalizzazione avviata la scorsa legislatura. Noi vogliamo rendere più equilibrato il mix di produzione energetica, reinvestire nelle reti e nei terminali di rigassificazione, diversificare le importazioni, rilanciare la ricerca e la produzione di energie rinnovabili e pulite, promuovere il risparmio e l’efficienza energetica.
Occorre liberalizzare i servizi pubblici locali, dai trasporti all’igiene urbana, con più coraggio, e ridurre le strozzature della rete distributiva. Queste sono misure fondamentali. In molti casi a costo zero, capaci di liberare energie, di liberare ricchezza, di liberare benessere. Capaci di mettere il consumatore al centro.
Il senso della nostra strategia è di porre il consumatore, il cittadino-consumatore al centro come vero protagonista, effettivo padrone delle politiche pubbliche.
Rilanciare lo sviluppo presuppone rigore nelle scelte e capacità di riportare i conti pubblici sotto controllo. Rigore finanziario, rilancio della competitività ed equità distributiva sono parti integranti della nostra strategia economica. Il rigore deve valere per tutti. Per questo, come ha detto Prodi, è necessaria una lotta determinata ed efficace all’evasione fiscale, che è stata invece irresponsabilmente favorita dai ripetuti condoni del governo. La lotta all’evasione è necessaria per recuperare risorse, ma è anche precondizione di una politica fiscale equa come quella che vogliamo: un fisco equilibrato, giusto e progressivo, che premi l’innovazione e il lavoro, non le rendite speculative, e che sia amico delle famiglie.
2. Più innovazione
Per riprendere uno sviluppo di qualità dobbiamo sostenere l’innovazione, cioè imboccare la “via alta della competitività” che faccia leva sulla ricerca, sulla formazione, sulla diffusione della conoscenza, sulle risorse dei nostri territori. Dobbiamo aumentare gli investimenti in ricerca (almeno raddoppiarli per avvicinarci agli obiettivi europei) e recuperare i grandi ritardi nella educazione dei cittadini. Solo così le grandi potenzialità delle innovazioni scientifiche e tecnologiche possono diventare patrimonio comune, possono valorizzare le risorse umane, rafforzare la competitività e la qualità del nostro sistema produttivo.
Vogliamo sostenere le imprese che innovano, che si internazionalizzano, e che si mettono insieme con un fisco a premi. Servono incentivi selettivi e stabili che migliorino il nostro mix produttivo; non un fisco “neutro” o a pioggia come quello di Tremonti.
Vogliamo sostenere le collaborazioni fra imprese, università, ricerca, specie nei comparti a più elevato contenuto tecnologico; che individueremo insieme, coinvolgendo tutte le forze competenti e responsabili.
Attueremo una politica industriale mirata a sviluppare i settori d’avanguardia, ad aumentare la qualità e il tasso tecnologico dell’industria, dell’agricoltura e dei servizi. L’agricoltura non è un settore in declino; puntando sull’innovazione e sulla qualità può essere una risorsa fondamentale per l’economia, per l’ambiente e per la qualità della vita. Ci sono tutte le condizioni perché il mondo della cooperazione continui a crescere consolidando i settori già forti e contribuendo alla competitività e al welfare del paese.
Il turismo ha potenzialità eccezionali e può far leva sulle grandi capacità di attrazione dei nostri territori, a cominciare dal Mezzogiorno: va rilanciato, con una strategia nazionale e sostenuto con provvedimenti mirati, anche fiscali , riduzione dell’IVA, certificazione di qualità, ristrutturazioni alberghiere ecc. Vogliamo valorizzare il Made in Italy e proteggere le nostre produzioni dalla concorrenza sleale dei paesi emergenti con tutti gli strumenti disponibili a livello europeo e internazionale.
L’innovazione non è solo questione di soldi: dobbiamo stimolare l’innovazione a partire dalla scuola, dalla cultura e poi dall’impresa. Investire nella scuola è investire nel futuro. Vogliamo una scuola che persegua un processo educativo condiviso, sensibile alle innovazioni tecnologiche e alle esigenze formative, che combatta l’impoverimento culturale e la dispersione, con un’attenzione particolare per il Mezzogiorno, per sostenere le sue grandi potenzialità di sviluppo.
Dobbiamo mettere al centro della ricerca i risultati tecnologici da fornire al sistema produttivo e stimolare nei giovani l’interesse per gli studi scientifici: abbiamo troppe lauree umanistiche in Italia a fronte di poche lauree scientifiche. Non dobbiamo avere paura di far crescere la formazione tecnico-professionale nei percorsi scolastici. L’Italia ha bisogno di dare risposte che si connettano con il mondo del lavoro, in grado di dimostrare la forza di un Paese che sa far coincidere domanda di lavoro che cambia e offerta che si aggiorna attraverso la formazione.
L’innovazione deve essere un processo diffuso, capace di ispirare tutta l’azione del governo. Per questo vogliamo una figura politica nel governo, mister o miss Lisbona, che abbia il mandato preciso di mandare avanti le politiche e le iniziative per l’innovazione.
3. Premiare i talenti e il merito
Premiare i talenti è una parola d’ordine della Margherita. Vale per tutti i talenti di cui è ricca l’Italia; quelli delle persone e quelli del territorio, che sono radicati nel suo ambiente e nel suo patrimonio storico culturale. Per valorizzare queste grandi risorse del paese occorre non solo liberarle dai pesi dei monopoli e delle incrostazioni burocratiche, ma dare loro il giusto riconoscimento, con sostegni economici e istituzionali; e occorre che tutti siano responsabilizzati con un sistema di valutazione e di premi.
Per valorizzare i talenti è necessario che si dia spazio al merito. Proprio perché la nostra idea di sviluppo si basa sulle risorse delle persone, vogliamo rafforzare le capacità di tutti, offrendo a tutti gli strumenti della conoscenza; ma al contempo tutti devono contribuire con responsabilità e impegno agli obiettivi comuni.
Questa è la nostra idea di valorizzazione dei meriti, che procede dalla scuola, continua all’università, fino a comprendere le varie attività di lavoro. Essa richiede che i contributi e le attività di ciascuno siano soggetti a valutazione imparziale e sulla base di questa ricevano riconoscimento.
La valutazione nella scuola deve riguardare studenti, docenti, e la qualità delle istituzioni. La valutazione è necessaria per valorizzare la responsabilità e l’impegno degli insegnanti, che devono sentirsi protagonisti di una scuola migliore.
Nell’università e nella ricerca la valutazione deve essere particolarmente rigorosa se vogliamo promuovere l’eccellenza come è necessario in queste attività. Dalla valutazione della ricerca e dell’insegnamento, dalla capacità di valorizzarne i risultati, devono dipendere anche i finanziamenti che lo stato eroga a enti universitari e di ricerca. Così si può stimolare una competizione positiva fra atenei, si possono usare meglio le risorse, finalizzandole a obiettivi di qualità e superando l’attuale dispersione di fondi.
Per lo stesso motivo riteniamo necessario che le retribuzioni dei lavoratori siano più strettamente legate ai risultati e alla produttività aziendale, in conformità con una concezione partecipativa dei rapporti di lavoro.
4. Dare valore al lavoro e combattere la precarietà
Anzitutto proponiamo meno tasse sul lavoro. Sul lavoro in Italia pesano oneri di diversa entità, più bassi per il lavoro autonomo (18%), più alti per il lavoro dipendente: un insostenibile 33%. La Margherita è stata la prima a indicare, di fronte alla retorica del governo sul taglio delle tasse, la necessità che gli oneri sul lavoro siano ridotti significativamente e armonizzati con quelli sul lavoro autonomo. Sosteniamo la priorità di questa proposta, come indicata da Prodi nella sua presentazione al programma: perché essa è necessaria a dare uno stimolo alla competitività delle imprese riducendone i costi e per aumentare le retribuzioni nette dei lavoratori, aiutandoli a recuperare la grave perdita del loro potere d’acquisto.
La proposta è importante anche per correggere le distorsioni del mercato del lavoro, in particolare l’abuso delle collaborazioni (co.co.co e simili) Questo abuso non si combatte cambiando nome al contratto (da co.co.co a contratto a progetto come fa la legge 30/2003) ma solo armonizzando i contributi dei vari tipi di lavoro come avviene negli altri paesi. Naturalmente ciò va fatto con gradualità.
Il senso della nostra proposta è chiaro: vogliamo ridurre il peso contributivo su imprese e lavoro, aumentando il prelievo sulle rendite, specialmente quelle speculative a breve; aumentare le retribuzioni e razionalizzare il mercato del lavoro.
Questa proposta si integra con l’obiettivo generale di promuovere la buona occupazione, di regolare la flessibilità e di combattere la precarietà.
A tale fine vogliamo:
• incentivare il lavoro (credito d’imposta) a tempo indeterminato come forma normale di occupazione;
• limitare i contratti temporanei nella quantità e durata, anche togliendo ad essi le incentivazioni;
• estendere a tutti i lavoratori tutele e diritti di base, come indicato nella Carta dei diritti presentata dall’Ulivo;
• istituire gradualmente una rete di sicurezza per tutti i lavoratori in caso di disoccupazione e di transizione da un lavoro ad un altro;
• arricchire la qualità del lavoro con formazione continua certificata e sostenuta da incentivi a imprese e lavoratori.
Il nostro impegno per combattere la precarietà e l’incertezza comincia dai giovani.
I nostri giovani sono la prima generazione che si confronta con la società del rischio e dell’incertezza. L’incertezza parte dallo sviluppo e dal lavoro, ma si estende a tutti i rapporti personali, famigliari, ambientali. Un investimento nel futuro dei giovani deve regolare i diversi aspetti della loro condizione.
Il primo impegno riguarda l’istruzione e formazione: è il cuore del welfare moderno, essenziale per rafforzare le capacità personali e l’autostima contro le incertezze della vita. La formazione deve essere generalizzata fino a 18 anni: deve crescere l’educazione superiore con l’obiettivo di estenderla al 30% dei giovani, sostenendola con borse di studio in numero adeguato, potenziando le discipline tecniche e organizzando in modo efficiente l’orientamento scolastico.
Va aiutata la transizione fra scuola e lavoro: combattendo stage falsi e brevi contratti pseudoformativi come l’attuale contratto di inserimento. Proponiamo un istituto come i “contratti d’avvenire”: 5 anni di lavoro e molta formazione (più del nostro apprendistato) con sgravi per i datori e incentivi ad assumere i giovani al termine del contratto. Con questo forte investimento iniziale, i giovani sono messi in grado di camminare con le loro gambe.
Le misure proposte contro il precariato e per la stabilizzazione dei percorsi lavorativi devono aiutare i giovani fin dall’inizio della vita lavorativa.
Così per essi vanno previsti sostegni specifici per trovare un’abitazione adeguata (mutui, aiuti per l’affitto); e per agevolare la loro mobilità. Un lavoro stabile e un’abitazione adeguata sono condizioni essenziali perché i giovani possano iniziare una vita serena e contribuire con le loro energie alla crescita del paese. Intendiamo promuovere la capacità dei giovani, anche sostenendo le loro iniziative imprenditoriali e professionali, con sostegni finanziari e counseling in fase di progettazione e di avvio.
5. Una politica per la città. Uscire dall’emergenza casa
Noi vogliamo affrontare l’emergenza casa seriamente, non con le promesse inconsistenti del governo. Metter su casa e pagare affitti sempre più salati è divenuto quasi impossibile specie per i giovani. La casa, come un lavoro stabile, è un elemento fondamentale per garantire una vita civile e serena.
Vogliamo lanciare un piano straordinario per la casa che ne garantisca l’accesso anzitutto in locazione ma anche in proprietà /assegnazione (100.000 alloggi in cinque anni), con particolare attenzione ai giovani, agli anziani, ai nuclei più svantaggiati e innanzitutto nei grandi centri urbani.
A tal fine intendiamo:
• sostenere (con esenzioni ICI, assegnazione aree) i comuni che incentivano la realizzazione di abitazioni ‘sociali’, cioè destinate a canone economicamente sostenibile e alla vendita come prima casa a prezzo convenzionato; e attivare il ricorso ad aree pubbliche (anche sdemanializzate) per abbattere il costo di produzione degli alloggi specie nelle zone urbane;
• sostenere le giovani coppie ad acquistare la casa con un fondo di garanzia per la concessione di mutui bancari; e la costruzione e assegnazione di alloggi per studenti universitari.
Ci impegniamo a rendere più trasparente il mercato delle locazioni usando la leva fiscale per favorire gli affitti a canone concordato, e per scoraggiare il nero (una imposta secca sull’affitto delle case). Le aree metropolitane hanno proseguito la loro crescita, attirando una parte sempre più vasta di popolazione. La loro vivibilità è decisiva per il benessere individuale e collettivo. Con una buona organizzazione e con l’azione comune di chi ci vive, cittadini, lavoratori, imprese, possono diventare un motore dello sviluppo. Per questo le nostre politiche saranno indirizzate a migliorare la qualità complessiva dei tessuti urbani e a sostenerne la funzione economica. Ci impegniamo ad attuare:
• Una politica dei trasporti che favorisca la mobilità collettiva, con forti investimenti nei treni, specie per i pendolari.
• Una valorizzazione dei centri storici, per renderli accoglienti e attrezzarli ad essere sede anche di grandi eventi culturali, economici, sportivi.
• La modernizzazione delle strutture urbane (materiali ed immateriali), con una buona architettura, il ricorso a tecnologie innovative e con uno sviluppo ambientalmente compatibile.
• Interventi di riqualificazione abitativa con concorso di finanziamenti pubblici e risorse private, sostenute da agevolazioni fiscali (come le detrazioni del 36% ai fini Irpef per le spese di ristrutturazioni edilizie).
Vogliamo anche tutelare i piccoli centri e ridare loro la spinta economica necessaria, rendendoli capaci di coniugare tradizione e modernità; valorizzare queste aree della piccola grande Italia che sono territori preziosi dove si tramandano le tradizioni, dove nascono i prodotti tipici dell’artigianato e dell’eno-gastronomia e che possono contribuire a nuove occasioni di sviluppo economico, basato anche sul turismo culturale.
6. Contro il carovita: difendere il potere d’acquisto
Un altro obiettivo della nostra azione di governo sarà di contrastare il carovita che è diventato una gravissima preoccupazione dei cittadini e delle famiglie, e che ha colpito soprattutto operai, impiegati e pensionati.
• Riprenderemo i controlli, specie sui beni di largo consumo, che sono stati colpevolmente trascurati dall’attuale governo. Lo faremo: promuovendo strumenti di osservazione dei prezzi d’intesa con gli enti locali e con le categorie interessate, con particolare riguardo alle tariffe dei servizi essenziali (gas, acqua, telecomunicazioni, assicurazione auto); potenziando i poteri di vigilanza e sanzionatori, in particolare dei servizi di politica annonaria municipale; provvedendo affinché nella distribuzione sia indicato, oltre al prezzo di vendita, anche quello all’origine; rafforzando la presenza delle associazioni dei consumatori negli organismi di controllo e di determinazione dei prezzi;
• Una riduzione dei prezzi si può attuare liberando i settori dei servizi e della distribuzione dal peso dei monopoli e promuovendo una concorrenza regolata utile al consumatore;
• Avvieremo una revisione del paniere Istat che definisce l’inflazione, per renderlo più trasparente e più adeguato alla evoluzione dei consumi; modificando il peso, oggi del tutto sottovalutato, di voci come, ad esempio, affitto, assicurazioni e carburanti;
• Promuoveremo l’informazione e la educazione dei cittadini al consumo dei beni e dei servizi, a cominciare dalle scuole;
• Il nostro governo si adopererà affinché i contratti collettivi di lavoro siano rinnovati puntualmente (e non con i gravi ritardi attuali) secondo meccanismi più adatti a compensare l’inflazione reale;
• Il potere d’acquisto va sostenuto anche con una politica fiscale rigorosa di lotta all’evasione che colpisce soprattutto i redditi fissi, basata su una giusta progressività, più favorevole alle famiglie e in particolare ai redditi bassi, e con la progressiva restituzione del fiscal drag (la cui mancata attuazione ha sottratto ai cittadini miliardi di euro).
7. Un welfare familiare e generazionale
La Margherita ritiene che il welfare sia alla base della competitività e dello sviluppo, non una pratica assistenziale né un mero indennizzo per gli squilibri del mercato. Vogliamo un welfare che serva a rassicurare le persone, a restituire la coesione sociale che è necessaria per ridare energia al paese.
All’interno del programma dell’Unione noi sosteniamo una concezione familiare e generazionale del welfare: cioè un modello di welfare che promuova le opportunità e le responsabilità dei diversi componenti della famiglia nel corso delle varie fasi della vita, dall’infanzia e l’adolescenza alla maturità, all’età anziana.
Bambini: vogliamo investire nella famiglia e valorizzare la qualità sociale della paternità e maternità responsabile con un sostegno rivolto ad accompagnare ogni bambino che cresce e a sostenere l’autonomia dei giovani.
Proponiamo di unificare gli attuali sostegni economici alla famiglia in un unico strumento che garantisca a tutti i bambini, indipendentemente dalla condizione lavorativa dei genitori, una integrazione al reddito. A questo fondo vogliamo aggiungere una “dotazione di capitale” per i giovani, costituita a favore di ogni bambino, alimentata con contributi pubblici, integrabile con donazioni dei familiari, utilizzabile dal giovane alla maggiore età per finanziare periodi di formazione e per avviare attività economiche. Tale dotazione sarà restituita a tasso zero in un arco di tempo sufficientemente lungo.
Donne: più autonomia alle donne. E’ necessario conciliare lavoro e famiglia. La Margherita ritiene necessario superare l’anomalia tutta italiana per cui le donne sono costrette a scegliere fra lavoro e famiglia, con il risultato che il nostro tasso di occupazione femminile è fra i più bassi d’Europa e così pure il tasso di natalità. Aumentare gli asili nido per avvicinarci alla media richiesta dall’Europa (3000 nuovi asili). Lo faremo in collaborazione con le regioni e con i comuni in ogni parte d’Italia.
A tal fine proponiamo le seguenti misure:
• Rafforzare i servizi di cura per la prima infanzia e adolescenza.
• Riorganizzare i tempi di vita e lavoro nelle città.
• Favorire il part-time con parità di diritti; rafforzare i congedi parentali retribuiti per favorire una effettiva fruizione di entrambi i coniugi.
• Compensare ai fini pensionistici il tempo dedicato alla cura in famiglia.
• Prevedere incentivi all’inserimento e al reinserimento al lavoro.
Anziani: vogliamo promuovere una vecchiaia attiva, per valorizzare la risorsa anziani, con le seguenti misure:
• incentivi al prolungamento del lavoro (incremento di pensione, deduzioni contributive, bonus, etc.) e penalizzazioni per ogni licenziamento di persone over 45 anni.
• riduzioni contributive e/o fiscali per chi assume anziani con rapporto a tempo indeterminato.
• part-time misto a pensione (incentivato se a tempo indeterminato).
• forme di tutoraggio da parte di anziani per seguire uno/due giovani a testa (lavoratori, apprendisti, tirocinanti), e forme di aiuto ad altri anziani non autosufficienti, con un rapporto a tempo pieno, part-time, o anche con un rapporto di lavoro misto a volontariato estendendo il modello delle “Banche del Tempo”.
• Proponiamo un fondo nazionale per la non autosufficienza con cui riorganizzare le misure di sostegno alla disabilità e finanziare una rete integrata di assistenza.
8. Semplificare il settore pubblico e combattere gli sprechi
Questo governo ha fatto crescere la spesa corrente senza controlli mentre ha ridotto scandalosamente risorse fondamentali, come quelle del Fondo sociale, e tagliato i trasferimenti agli enti locali, costringendoli a ridurre le spese per i servizi essenziali. Anche qui noi vogliamo cambiare metodo: essere rigorosi nel combattere gli sprechi, e concentrare le spese per fronteggiare i veri bisogni dei cittadini.
Non basta ridurre i compensi ai parlamentari e consiglieri eletti (scelta che pure abbiamo sostenuto). Occorre tagliare in modo mirato il costo della burocrazia improduttiva. Ma soprattutto occorre porre termine alla proliferazione incontrollata di enti, agenzie, società verificatesi in questi anni. Ci sono centinaia di enti superflui, che non hanno funzioni significative o che sovrappongono i propri compiti a quelli già svolti da altri. Ad esempio, il decentramento ha attribuito a province e comuni funzioni prima svolte dalla Regione o dallo Stato, ma alla costituzione di nuovi uffici decentrati non ha fatto riscontro la soppressione di quelli precedenti. Molti enti pubblici hanno moltiplicato le loro partecipazioni in società che svolgono attività non correlate con i compiti pubblici e che servono spesso solo a “gratificare” cordate e amicizie. Non è questa la giusta applicazione di decentramento e sussidarietà. Se non disboschiamo questa giungla rafforzeremo nei cittadini la percezione di inefficienza e di costi eccessivi dell’amministrazione e della politica.
I risparmi provenienti dalla riduzione degli enti inutili saranno usati dalle Pubbliche amministrazioni per rinnovare i loro quadri; non i “portaborse” promossi da questo governo, ma laureati e professionisti, capaci di dare impulso all’innovazione amministrativa. Concorderemo con gli enti locali un programma pluriennale di assunzioni di giovani qualificati (almeno metà dei turnover: 50.000 circa).
La semplificazione degli enti si deve aggiungere a quella procedurale e legislativa avviata nella scorsa legislatura, e non perseguita da questo governo. Istituiremo una cabina di regia fra Stato, regioni ed enti locali per attuare quest’opera di semplificazione istituzionale e amministrativa.
Ci impegniamo altresì a semplificare, anche tramite testi unici, i blocchi normativi più importanti che sono fonte di incertezze per imprese e cittadini: legislazione fiscale, previdenziale, regole sugli incentivi, normative sulle piccole e medie imprese, sui lavori pubblici, sulla casa, sull’innovazione e sul trasferimento tecnologico.
9. Sicurezza e certezza della giustizia
La Margherita ritiene necessario rendere più efficienti le misure per la sicurezza interna e per la prevenzione delle minacce internazionali.
Vogliamo un Italia aperta e sicura, aperta perché sicura.
La lotta al terrorismo internazionale deve essere un impegno comune a tutti i paesi. La giusta attenzione ai diritti e alle libertà personali non può ridurre l’efficacia delle misure di contrasto al terrorismo: una struttura che coordini le indagini nei reati di terrorismo e che raccolga tutte le informazioni, in particolare sul terrorismo di matrice islamica (la superprocura); la riforma dei servizi di sicurezza che superi l’attuale divisione e la loro doppia dipendenza; una Banca dati del DNA, operante sotto la vigilanza del Garante della privacy.
Le misure di contrasto devono essere accompagnate da una grande iniziativa politica e culturale di dialogo con le comunità islamiche per la promozione di un Islam italiano democratico e fedelmente rispettoso dei diritti umani e dello Stato di diritto.
La sicurezza interna va tutelata e promossa con un sistema “multilaterale” di misure; aumento delle risorse umane e finanziarie delle forze dell’ordine (eliminando sovrapposizioni e disfunzionalità); valorizzazione del ruolo dei comuni per la sicurezza, a partire dalle maggiori città; strumenti biometrici per l’identificazione certa di tutte le persone (non solo degli immigrati); maggiore copertura del territorio da parte delle forze dell’ordine, specie nel mezzogiorno (non la giustizia “fai da te” della legge del governo, né il dispersivo e finora inefficiente esperimento di facciata del “poliziotto di quartiere”); migliore coordinamento fra le forze dell’ordine e unità degli indirizzi operativi.
Accelerare i processi. Una giustizia più celere è garanzia di una giustizia vera; è anche una condizione indispensabile per attrarre iniziative ed investimenti economici (italiani e stranieri). Con questo obiettivo vanno modificate le normative: sulla prescrizione, per scoraggiare impugnazioni strumentali; sullo svolgimento dei processi civili, recuperando immediatezza e oralità nel dibattimento, introducendo un’udienza filtro; vanno introdotti filtri all’appello e al ricorso in Cassazione e promosse forme di composizione extragiudiziale delle controversie (conciliazione ed arbitrato).
Va introdotta più efficienza nella macchina giudiziaria, realizzando effettivamente la originaria proposta della Margherita di un manager della giustizia che gestisca tutte le questioni organizzative, permettendo ai magistrati di concentrarsi sull’attività loro propria.
Va garantita fondamentalmente la certezza della pena, compresi i provvedimenti cautelari
Un miglior funzionamento del sistema giustizia al servizio dei cittadini si realizza anche responsabilizzando tutti gli attori: i difensori, richiedendo loro un’attività processuale stringente e non dilatoria; i giudici, che vanno richiamati a una più rigorosa tempistica delle fasi processuali, e ad evitare ingiustificate lungaggini (anche con obbligo di motivazione in caso di mancato rispetto dei tempi).