“Basta autolesionismo nel Pd”. Arturo Parisi è “addolorato” dalle ultime polemiche, ritiene che nel centrosinistra sarebbe piuttosto “l’ora dei “caschi blu””. Ideatore con Romano Prodi dell’Ulivo, ammonisce: “Costruiamo una coalizione vera, non un accrocchio, o non andiamo da nessuna parte”.
Professor Parisi, un bello schiaffo per il Pd la sconfitta ai ballottaggi?
“Sì. Un bello schiaffo. Per quanto si sia trattato di una prova circoscritta e amministrativa. Conviene che il partito se ne faccia una ragione e rifletta su come riprendere il cammino. Dopo la dinamica trionfalistica messa in moto dal 40% in un voto tutto sommato particolare come furono le europee del 2014, non vorrei che un altro voto altrettanto particolare incoraggiasse reazioni eccessive”.
Ritiene eccessivo il giudizio di un Pd senza identità o peggio ridotto al recinto della Margherita?
“L’identità è figlia di quello che si fa ogni giorno e del futuro che si ha in mente. Sento troppi tentati dall’idea di strumentalizzare questo voto invitando ad abbandonare quella linea di un confronto più ampio, interessato alla costruzione di una coalizione, che stavamo appena mettendo alla prova, per contrattaccare invece a testa bassa e con la visiera calata. In solitudine. Capisco quelli che fuori dal Pd hanno da tempo scommesso sulla divisione e lo scontro. Ma nel Pd è autolesionismo puro”.
Prodi appare deluso, già pronto a mettere la sua tenda da democratico nello zaino e rimettersi in cammino. Lei ha lo stesso sentimento?
“E me lo chiede? Chi si ricorda della Margherita sa che a Parma quando c’è stato da mettersi in cammino l’ho fatto anch’io, preoccupato dell’unità attorno a un progetto epr l’Italia”
Quindi non polemizza con Matteo Orfini?
“No, ho imparato a mordermi la lingua”.
Le divisioni nel centrosinistra hanno contribuito alla sconfitta?
“Direi in una misura importante. Il rumore di sfondo ha scoraggiato nuovi afflussi, rafforzando la tendenza della quota, la principale, del voto grillino che non ha scelto il centrodestra a rifugiarsi nella astensione. Lo stesso rumore ha spinto verso quella stessa destinazione anche voti di centrosinistra “.
Si sente un “casco blu” del centrosinistra, insieme con Prodi?
“Da ex ministro della Difesa, se penso alla Unifil2 la missione Onu per rappacificare i rapporti tra Libano e Israele mi viene da sorridere. E tuttavia quella esperienza può esserci di insegnamento. Come minimo per ricordarci che qualsiasi azione di interposizione non può che muovere dalla convergente richiesta delle parti in causa. Ma onestamente di rischieste ne ho sentite poche…”.
Questo risultato alle amministrative c’era da aspettarselo?
“Certo non con queste dimensioni, ma l’attesa era consolidata. Nei ballottaggi di domenica una quota, non maggioritaria ma rilevante, di voto grillino ha di nuovo preferito come approdo il centrodestra in una misura superiore a quella per il centrosinistra. Con l’effetto che nei ballottaggi i grillini con sentimenti di centrodestra sommano nel voto al centrodestra l’ispirazione originaria al rifiuto del sistema identificato col centrosinistra, mentre quelli di sinistra non arrivando a votare per il centrodestra si rifugiano nell’astensione”.
C’è troppo personalismo nel centrosinistra?
“Diciamo che la personalizzazione è il nostro nemico peggiore. La tentazione di confondere i progetti con le persone che li propongono. A questa tentazione Renzi è stato quello che ha ceduto per primo. E forse che ha ceduto di più. Ma è personalizzazione anche quella di quanti agli stessi progetti sembrano opporsi solo perché sostenuti da Renzi. Non mi sembra che, quando in gioco è il Paese, uno possa giustificare le proprie colpe con quelle degli altri. È arrivato il momento di lasciarsi alle spalle l’infausto 4 dicembre. Lo aveva detto Prodi che, come Pisapia, scelse allora la parte degli sconfitti. Mi auguro che lo stesso facciano quelli che furono accanto ai vincitori”.